
CARCERI/OSAPP: DETENUTO UCCISO DAL COMPAGNO DI CELLA A GENOVA-MARASSI. SARA’ TROPPO TARDI QUANDO LA POLITICA SI RENDERA’ CONTO DI COSA E’ DIVENTATO IL CARCERE IN ITALIA.
Purtroppo, comincia ad essere una triste “consuetudine” il dover leggere e il doversi chiedere le ragioni per cui un detenuto uccide il compagno di cella come accaduto, dopo San Gimignano nel 2017 e a giugno di quest’anno a Velletri, oggi nel carcere di Genova-Marassi – è quanto si legge in una nota a firma di Leo Beneduci – Segretario Generale dell’OSAPP (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria).
Senza voler offendere ci sia consentito, quindi – prosegue il Sindacalista – il triste parallelismo tra questi omicidi tra detenuti in carcere, che in termini di frequenza non si verificavano dagli anni ’80 nel periodo della Nuova Camorra Organizzata, e i casi di “cannibalismo” tra animali per troppo tempo costretti in cattività.
Quali che siano le ragioni del tragico evento è, oggi più che mai, il momento che qualcuno di competente e responsabile, rispetto agli attuali vertici, assuma l’onere di affrontare per risolverli i problemi di un sistema penitenziario le cui carceri sono diventate ricettacolo organizzativo di piazze di spaccio e succursali a cielo chiuso dei vecchi manicomi giudiziari, in cui i detenuti più violenti e la criminalità organizzata la fanno da padroni ed in cui Personale di Polizia Penitenziaria, in età sempre più avanzata, con organici ridotti all’osso e privo di organizzazione e di strumenti, riesce ben che vada a concludere indenne la propria giornata lavorativa.
Se tra i detenuti non sussistono più freni inibitori nell’aggredirsi e nell’aggredire il Personale e persino nell’uccidersi tra conviventi è segno che da istituzione rivolta costituzionalmente al recupero sociale – conclude Beneduci – il carcere nel Paese è diventato mero contenitore di emergenze, privo di regole e di prospettive future, i cui effetti sulla società civile, nel continuo turn-over dall’interno ed esterno ai penitenziari e viceversa, come i casi di Caivano e di Tor Bella Monaca dovrebbero insegnare, sono ignorati dalla politica che tuttora predilige gli slogan elettorali alle riforme.
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