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NORME E SITUAZIONI DI SERVIZIO ATTIVO – CASO 6: I PASSEGGI – SVOLGIMENTO E SOLUZIONE

Caso 6 – Un detenuto che assume terapia farmacologica prescrittagli dallo psichiatra per un disturbo nel controllo degli impulsi si reca nel cortile passeggi e comincia a svolgere esercizi fisici servendosi delle attrezzature con cui è stata allestita la palestra.

Siamo giunti all’ultima evenienza operativa che ci consente di fare alcune considerazioni rispetto all’allestimento delle palestre nei cortili destinati al passeggio in cui, giova rammentare, l’art.10 della legge 354/1975 nella sua primigenia applicazione prevedeva esercizi fisici “di tipo leggero”.

Tuttavia, si è assistito ad una vera e propria riconversione dei cortili in aree sportive che non hanno i requisiti d’idoneità previsti per le palestre esterne.

Per inciso i  detenuti hanno tutti il green pass?

Le implicazioni sono di notevole rilievo e dobbiamo esaminarle attraverso gli occhi dell’agente addetto alla vigilanza nei passeggi.

Vigilanza di cosa?

Della struttura? 

Dei detenuti?

 L’agente dispone  di un elenco dei soggetti per i quali il medico ha rilasciato la prescritta certificazione per lo svolgimento di attività sportiva non agonistica?

La palestra detentiva è coperta da polizza per infortuni?

Gli attrezzi sono a norma?

 Tradizionalmente, gli agenti praticano attività sportiva nelle palestre private previa esibizione di una certificazione medica che attesti l’idoneità al tipo di disciplina che intendono svolgere; altrettanto per la frequenza della palestra nell’istituto.

Non si comprende come mai, la stessa Direzione ammetta l’accesso in sala pesi dei detenuti senza una certificazione d’idoneità alla pratica sportiva ed il monitoraggio di un trainer qualificato.

Su chi incombe quindi la responsabilità nel caso in cui il portabilanciere di una panca non regga l’attrezzo?

E se, invece, un detenuto che assume psicofarmaci si presta a dare assistenza a chi sta effettuando l’esercizio sulla panca, facendogli “cadere” il bilanciere sullo sterno di chi è la responsabilità?

Del medico che ha consentito la frequenza dell’area per la pratica sportiva?

Del direttore che ha autorizzato l’uso del bilanciere senza il rispetto delle prescritte cautele?

Dell’agente che non ha interdetto al detenuto in terapia di fornire assistenza?

Del detenuto che ha chiesto assistenza.

 La risposta è semplice, incombe sulla Direzione, se non altro perché in situazioni analoghe – giustamente – chiede al personale di Polizia la prescritta certificazione per la frequenza della palestra.

Ed allora l’agente, in caso di incidenti nel corso della pratica sportiva deve redigere la notizia di reato qualificandola –ad es.  ignoti ex art.590 cp. per lesioni colpose – ergo se il soggetto è affetto da patologia psichiatrica occorre fare una ulteriore indagine.

Non è questa la sede per esaminare l’art.591 cp. – che comunque è di possibile attuazione in ambito penitenziario posta la mancata attivazione delle REMS – né tantomeno per affrontare le questioni connesse al dooping per l’uso di farmaci – tra gli altri il metadone.

Certo è che la guida di un’automobile, anche alla luce della stretta correlazione tra assunzione di farmaci e incidenti stradali, viene interdetta in caso di incidenti.

Ora, consentire ad una persona di poter utilizzare pesi, prendere a pugni un sacco, giocare a pallone in un ambiente insidioso non è certamente in linea con le prescrizioni di legge.

E’ per questo che l’agente ha l’obbligo di segnalare (ex artt.24 e 26 dpr 82/1999) tutti questi elementi per ottenere dalla Direzione una concreta ed adeguata risposta sulla possibilità d’uso della palestra e conseguentemente di estensione di tale criterio (liberalizzazione) anche a quella degli agenti.

By Magile

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Redazione OSAPPoggi

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