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NORME E SITUAZIONI DI SERVIZIO ATTIVO CASO 1 – SVOLGIMENTO E SOLUZIONE

Caso 1 – Il Garante regionale o quello nazionale dei detenuti si presenta in istituto il giorno di ferragosto e chiede – in virtù delle sue prerogative – di effettuare una visita nel reparto isolamento dove sono rinchiusi alcuni arrestati – appena condotti in carcere e sottoposti a dilazione dei colloqui con il difensore ex art.104 cpp (non possono parlare con l’avvocato)

La prima operazione che dobbiamo fare per risolvere la questione è quella di svolgere una ricognizione normativa volta ad individuare natura, attribuzioni, competenze e poteri di ogni singolo soggetto istituzionale coinvolto nella vicenda [garante, poliziotto penitenziario – e suoi superiori gerarchici – autorità giudiziaria].

Ovviamente di ogni norma si riporterà solo la parte che rileva in questa sede ricordandoci che le norme di diritto pubblico sono inderogabili (a differenza di quelle di diritto privato, salvo eccezioni) in quanto finalizzate alla tutela degli interessi della collettività.

Guardiamo anzitutto cosa deve fare il poliziotto penitenziario:

  • Art 5 legge 395/1990 c 2 nella parte in cui prescrive che assicura l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale

L’attività [materiale] dell’esecuzione del provvedimento restrittivo ci permette di comprendere che a monte (del provvedimento) c’è una autorità competente che lo ha emanato: il magistrato del Pubblico Ministero che ha disposto la dilazione dei colloqui in attesa del provvedimento del GIP.

In sostanza la polizia penitenziaria esegue il provvedimento (secondo le modalità indicate dal pubblico ministero procedente ergo il gip nella fase immediatamente successiva) ma sulle vicende che riguardano il titolo della custodia è competente l’autorità giudiziaria.

Tutto questo a ben vedere ce lo dice anche la norma sull’isolamento di cui al dpr 230/2000 il cui art.73 n.6 stabilisce che le condizioni delle persone sottoposte ad indagini preliminari che sono in isolamento non devono differire da quelle degli altri detenuti, salvo le limitazioni disposte dall’autorità giudiziaria

Quindi spetta al giudice il “nulla osta“ alla visita del Garante e questo può avvenire facilmente perché basta contattare il pubblico ministero titolare – che magari coincide con quello di turno che verosimilmente ha disposto arresto e dilazione  – per capire se il garante può entrare.

Semplice, eppure non vi è una direttiva sul punto, così come su tante altre questioni.

Qualcuno potrebbe dire che è una cosa talmente pacifica e scontata che non va disciplinata.

Di fronte a una simile replica, è sufficiente far rilevare al coraggioso interlocutore che tra la legge del 1975 ed il dpr del 2000 si interpone la riforma del codice di procedura penale, l’istituzione del Garante, il regolamento di servizio del Corpo….

Forse un coordinamento delle disposizioni in una circolare esplicativa non guasterebbe alla serenità operativa del personale e ancor prima all’efficienza del sistema.

Non possiamo certo liquidare in poche righe una questione così complessa ed interessante: l’arrestato in isolamento giudiziario – ed il termine isolamento ci conforta rispetto alla tesi che stiamo sostenendo perché evoca l’esclusione di contatti con persone al di fuori degli operatori penitenziari indispensabili per le prestazioni essenziali: poliziotti e medico – non può parlare con il garante dei suoi diritti in ambito processuale, in virtù di quanto previsto dall’art 104 cpp.

La questione dovrebbe a ben vedere essere disciplinata espressamente:

nel regolamento d’istituto (di cui in questa sede si segnala solo l’anacronistica e fuorviante nomenclatura perché la legge del 1975 che lo disciplina precede quella del 1988 n.400 che contempla tali fonti secondarie subordinandole a una peculiare disciplina)

nell’ordine di servizio di cui al dpr 82/1999 art.29 che generalmente i Direttori emanano solo per impartire disposizioni, richiamando in modo generico ed astratto quelle vigenti, senza esplicitarle e rendersi conto della perpetuazione del termine regolamento nel dpr 230 cit

Soffermiamo, quindi, la nostra attenzione sulle competenze dell’addetto alla portineria, anello debole della catena: l’agente

Egli ha compiti meramente esecutivi – e vediamo chi INVECE DEVE DECIDERE rispetto all’ingresso del garante e quale sarebbe una procedura normativamente orientata.

Art. 41 dpr 82/1999

Servizio di portineria

  1. Il  personale  del  Corpo  di  polizia penitenziaria addetto al servizio di portineria e’ responsabile degli ingressi dell‘istituto e delle relative chiavi o degli altri sistemi di chiusura, nonche’  del controllo   di   chiunque,   a   qualsiasi   titolo,  entri  od  esca dall’istituto.

In primo luogo se è addetto alla portineria vuol dire che ha mansioni esecutive perché nella nomenclatura dei servizi si distingue tra addetto e preposto [che sovraintende l’addetto].

Assodato quindi che si tratta di un agente quest’ultimo ha l’obbligo di impedire che entrino o escano dall’istituto persone non autorizzate.

Quindi, l’autorizzazione la rilasciano soggetti terzi rispetto all’agente (che ovviamente farà entrare e uscire i colleghi e gli operatori in virtù di prerogative connesse alla funzione).

Rileggiamo la norma.

  1. Detto personale, in particolare, ha l’obbligo di:

3)   impedire  che  entrino  o  escano  dall’istituto  persone  non autorizzate;

4) identificare tutte le persone che, a qualsiasi titolo, accedono all’istituto  o ne escono, accertare la regolarita’ del titolo che ne legittima l’ingresso o l’uscita e sottopone  ai  controlli  stabiliti dal  regolamento  interno dell’istituto o, in mancanza di questo, dal direttore  con  ordine   di   servizio,   effettuando   le   relative registrazioni;

9)  osservare scrupolosamente le disposizioni contenute nell’ordine di servizio  di  cui  all’articolo  29  e  chiamare  il  preposto  al servizio, ove occorra.

Se da un lato è pacifico che il garante sia legittimato ad esercitare un potere di vigilanza sull’esecuzione della “custodia cautelare” con potere di accesso senza autorizzazioni  è altrettanto vero che il personale di Polizia penitenziaria, come detto ha l’obbligo di assicurare l’esecuzione dei provvedimenti del giudice cui compete la disciplina dei contenuti dell’isolamento ai sensi del citato art.73 dpr 230/00

Giudice che può stabilire, sulla base delle sue prerogative istituzionali che non subiscono interferenze di altri poteri (il Garante nazionale è un’autorità amministrativa indipendente; l’amministrazione penitenziaria una pubblica amministrazione incardinata nel potere esecutivo) se farlo entrare.

Il “nulla osta“ che non è una autorizzazione ma solo una dichiarazione di assenza di impedimenti all’esercizio di quel potere di vigilanza (che potrebbe essere eventualmente differito se vi sono esigenze di rango superiore).

Del resto, a pensarci bene, nella realtà penitenziaria il rilascio del “ nulla osta “ per attività ispettive lo riscontriamo più volte (si pensi ai decessi o altri tipi di inchieste).

Ma vi è di più.

Per quanto il Garante abbia poteri di vigilanza è anche vero che le richieste all’amministrazione (ad es. informazioni e documenti) se inevase trovano risposta attraverso un eventuale ordine di esibizione del magistrato di sorveglianza.

Quindi da un lato il garante ha il “ potere “ di accedere, dall’altro deve ricevere il consenso del titolare dei dati ( es detenuto) per esaminare la documentazione processuale in matricola.

Ne discende che se l’ordinamento riconosce alla persona detenuta il diritto ad opporsi all’accesso agli atti da parte del Garante, a maggior ragione è legittima l’acquisizione del nulla osta da parte del giudice.

Quindi l’agente addetto alla portineria di fronte alla richiesta del garante deve ai sensi dell’art.26 dpr 82/1999 informare i superiori in modo da far pervenire tempestivamente la notizia al pubblico ministero.

by Magile

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Redazione OSAPPoggi

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