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Carcere Sollicciano – «Per come è costruito, questo carcere ricorda un manicomio»

La direttrice Salute Sandra Rogialli: «Ecco come si vive a Sollicciano. Topi, tagli sulle braccia, crisi». Non solo suicidi, ogni giorno due atti di autolesionismo.

«I nostri medici passano ore intere a ricucire i detenuti che si tagliano le braccia con gesti di autolesionismo. Si squarciano profondamente arrivando perfino ai tendini. Ritengo che lo facciano perché questa diventa l’unica cosa che li fa sentire vivi. Il corpo è l’ultimo confine della vita per molti detenuti, vogliono provare sensazioni estreme perché questo dà loro l’idea di esistere. Ogni mese si verificano quasi settanta gesti di autolesionismo, circa due al giorno». A parlare delle condizioni detentive a Sollicciano è Sandra Rogialli, direttrice Salute in carcere nei presidi penitenziari fiorentini. È proprio lo stato di salute dei reclusi che, meglio di molte altre cose, racconta come si vive nel penitenziario fiorentino. «Si vive male — sottolinea Rogialli — Sollicciano è per me completamente associabile al manicomio in quanto “istituzione totale”, dove la vita di chi è dentro è controllata h 24 da altri e c’è poco che possa dipendere da te: per uscire in giardino devi chiedere il permesso, per telefonare a casa devi chiedere il permesso, per lavorare devi avere il permesso. È vero che siamo in carcere, ma nel nord Europa i penitenziari sono pensati in modo diverso: i detenuti vivono in luoghi sorvegliati ma allo stesso tempo dignitosi, con spazi aperti e possibilità di lavorare, cosa limitatissima a Sollicciano ma che invece sarebbe fondamentale per la riabilitazione. Questa diversità architettonica del carcere permette di abbassare la percentuale di recidiva e quindi va a beneficio dell’intera società».

Ecco perché, secondo la dottoressa Rogialli, «il carcere di Sollicciano è inadeguato, soprattutto dal punto di vista strutturale». E per questo lancia una provocazione: «Potremmo pensare a una struttura come quella di San Salvi per realizzarci un carcere? Sarebbe il luogo ideale, con più palazzine e con tanto spazio all’aperto. E naturalmente con il dovuto sistema di sorveglianza e sicurezza».

A Sollicciano, ogni giorno, ci sono 7 medici di cure primarie, 5 sono responsabili di altrettanti reparti e poi ci sono 2 medici della continuità assistenziale (guardia medica). In si alternano vari specialisti: odontoiatri, infettivologo, dermatologo, oculista, cardiologo. E ancora 4 psichiatri e 4 psicologi, nonché un servizio Serd: «Tutte persone — dice Rogialli — che lavorano con grande dedizione». Quotidianamente compiono interventi di ogni genere: dai problemi cardiaci a patologie croniche come il diabete. Grande attenzione è riservata agli spazi Covid: «I detenuti in ingresso vengono messi in quarantena alla fine della quale c’è il tampone. In caso di positività ci sono apposite celle».

E poi ci sono quei disagi che raccontano la fatiscenza del carcere: «Alcuni detenuti si presentano ai nostri medici con punture di cimici, l’altro giorno è arrivato uno che era stato morso da un topo. La disinfestazione viene fatta, ma poi questi animali tornano». E ancora, i tanti detenuti con problemi di calo dell’umore che chiedono psicofarmaci. «Spesso l’utilizzo è l’unico modo che ritengono di avere per non “impazzire”». Per alcuni reclusi talvolta diventa quasi impossibile vivere tra le sbarre: «Ci sono persone incompatibili con la detenzione perché malate, tra queste anche quelle che presentano forme gravi di disperazione. Sono persone che puntualmente segnaliamo al magistrato di sorveglianza, ma non sempre è possibile individuare la pena alternativa e può succedere che il detenuto resti in carcere».

 

 

 

Fonte: corrierefiorentino.corriere.it

Redazione OSAPPoggi

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