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Viterbo, omicidio in carcere. Processo bis per l’indiano che uccise il compagno di cella

Viterbo, a quasi due anni dall’omicidio in carcere di Giovanni Delfino, la difesa e la Procura hanno presentato il ricorso in appello per ottenere la revisione della condanna a 14 anni di reclusione emessa a ottobre 2020 dalla corte d’Assise di Viterbo nei confronti di Singh Khajan. Si tratta del 36enne di origini indiane che il 29 marzo del 2019 assassinò con dieci colpi di sgabello il sessantenne viterbese con il quale condivideva la cella nel carcere di Mammagialla.

La Corte d’Assise, presieduta dal giudice Gaetano Mautone, a seguito della perizia psichiatrica eseguita da due specialisti, il dottor Giovanni Traverso e la dottoressa Simona Traverso, lo considerò parzialmente incapace di intendere e di volere, ma in questa seconda fase l’obiettivo del difensore, l’avvocato Antonio Maria Carlevaro, è quello di riuscire a ottenere per il proprio assistito il pieno riconoscimento del vizio totale di mente che porterebbe a una modifica della sentenza di primo grado che stabilì, inoltre, il trasferimento dell’omicida in una Rems, una struttura sanitaria di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali e soggetti socialmente pericolosi in cui starebbe scontando parte della pena.

I familiari della vittima, i quali sono ancora in attesa dell’evolversi di un’altra inchiesta ministeriale che riguarda, invece, la causa civile per il risarcimento, hanno sempre sostenuto che il 36enne avrebbe dovuto essere recluso in isolamento. Nel febbraio 2019 Singh Khajan venne arrestato a Cerveteri e tradotto presso il penitenziario di Civitavecchia per tentato omicidio nei confronti di un 70enne. Successivamente il giovane fu trasferito a Viterbo e venne segnalato come “soggetto pericoloso”. La vittima, Giovanni Delfino, finì in carcere l’estate del 2018 con l’accusa di minacce e resistenza a pubblico ufficiale. Subito dopo l’accaduto arrivò in condizioni disperate all’ospedale Belcolle. I medici tentarono il tutto per il tutto pur di salvarlo, ma i colpi efferati non gli concessero scampo.

 

 

Fonte: corrierediviterbo.corr.it

Redazione OSAPPoggi

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