di Leo Beneduci_ Lina Di Domenico, la vicecapo “FF” del DAP – acronimo che nei corridoi di Largo Daga e Via Arenula sussurravano maliziosamente significasse più “Faceva Finta” che “Facente Funzioni” – si appresta a traslocare al DOG dopo mesi al posto di guida temporanea del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Ben venga il suo trasferimento e benvenuto a De Michele, qualora dovesse essere scelto, ma la tempistica solleva interrogativi. Nel momento più vulnerabile per il sistema penitenziario – l’estate con il suo carico di tensioni aggravate dal caldo – si decide di affidare il timone a una figura che dovrà necessariamente prendere confidenza con un contesto complesso e in piena emergenza. Serviva un esperto del settore, un uomo con esperienza nella lotta alla criminalità organizzata, nel contrasto alle droghe e alla tratta di esseri umani; oppure anche con significativa esperienza nel rapporto con le Forze di Polizia. Invece, ancora una volta, si opta per un profilo che probabilmente richiederà tempi lunghissimi, almeno, acchè comprenda dove si trova e perché, mentre la situazione nelle carceri continua a deteriorarsi. Nell’ambito penitenziario se ne fanno forse, una giusta e ne sbagliano tre: ora si apre alla liberazione anticipata per decongestionare gli istituti di prima, ma prima si è investito su un costosissimo piano carceri e alimentato tensioni negli istituti dove a pagarne le conseguenze è stata la Polizia Penitenziaria. Ha lasciato Lina Di Domenico come “FF” per mesi in uno stallo istituzionale (che ha avuto persino ragione a fare giusto il necessario, visto che, nonostante le promesse e la seconda occasione, non sarebbe stata lei al vertice del Dap) e ora si pensa di nominare una figura che dovrà ambientarsi proprio quando il sistema è più fragile. Questa danza di poltrone evidenzia un approccio frammentario alla crisi penitenziaria. Le carceri non sono un palcoscenico per esperimenti amministrativi, ma luoghi dove servono competenze concrete e decisioni tempestive. Da qualsiasi prospettiva la si voglia guardare, possiamo affermare che i poliziotti penitenziari, la collettività e gli stessi detenuti meriterebbero scelte più ponderate e coerenti.
Qualcuno, tra coloro che frequentano i salotti di Montecitorio, mi racconta che, al contrario di come dovrebbe essere, non si tratta di scelte della politica e il Governo nella sua interezza del Dap ben poco ne saprebbe o ne voglia sapere. Tutto è deciso al II piano di via Arenula a Roma e poi, in fondo, in carcere ci finiscono sempre gli altri e che i detenuti prima o poi dalle prigioni, tranne poche eccezioni, escono come escono e vanno a vivere tra la gente comune senza possibilità o volontà di reinserimento, è un problema secondario. Forse, ancora mi dicono, la scelta di una figura assai “tenue” dovrebbe tacitare i dissapori con il Quirinale. Perché, sempre forse, il Ministro dei braccialetti elettronici inutili e il Sottosegretario che dice di amare le uniformi anche se poi non si vede nella pratica, hanno ben altro per la testa che organizzare adeguatamente l’Amministrazione penitenziaria, o forse, ancora, visto che le carceri vanno avanti male comunque in Italia, un capo del Dap vero non serve…che in fondo già c’è e per i problemi concreti c’è sempre una Polizia Penitenziaria che ai guai e alle emergenze è avvezza e li ha sempre affrontati (pagati) sulla propria pelle.
Un abbraccio come mille abbracci.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP