di Leo Beneduci_ Il diritto penale delle istituzioni nemiche è ormai una realtà: la Polizia Penitenziaria è ostaggio di un codice sospettoso, costruito per punire chi indossa la divisa, non per tutelarlo. Si parte dal reato di tortura, che non ha un reciproco, un omologo per le torture quotidiane che i detenuti infliggono agli agenti. Si arriva alle fattispecie omissive, disegnate con la formula del 40 comma 2 del codice penale, che trasforma ogni poliziotto in un bersaglio mobile, un colpevole in attesa di giudizio. La politica, intanto, continua a raccontare favole. Favole sulle divisioni della Polizia Penitenziaria, che non esistono se non sulla carta, perché il Corpo è più che mai nelle mani dei direttori, soprattutto se nominati dirigenti generali, in particolare della scuola milanese (che, per dirla tutta, è di sinistra mica di destra ma a quest’ultima sta bene così. Chissà perché?). Basta guardare i comandanti rimossi, dirottati ad altri incarichi, svuotati di autorità e di ruolo. Hanno dato ad alcuni le divisioni? Si certo, ma solo per il lavoro “sporco” di modo che l’eco delle doglianze e del malessere galoppante si fermi lì e non raggiunga le alte sfere. Non sono né fratelli né cugini della Polizia Penitenziaria la maggior parte dei direttori, tant’è che alcuni diventano poi garanti, ovviamente dei detenuti mica dei poliziotti. Non è come la Polizia di Stato!
Andava attuato fino in fondo l’articolo 40 della 395 (chi se lo ricorda?) oppure abolito l’articolo 9 della stessa legge e allora, forse, sarebbe stato diverso. Ma non è così e la politica neanche ci pensa, bastano le promesse. Chiedetevi perché con estrema e solerte celerità aprono le stanze dell’amore e se ne fregano delle caserme o di chiudere gli AS? Chiedetevi perché non vogliono il GIO e non lo chiamano pressoché mai, lasciando che gli appartenenti si allenino tranquilli, magari anche con la doppia presenza. Hai voglia di strillare ai giuramenti: “siete belli, siete forti, siete i migliori!!”. Non è così! Mano d’opera a basso costo delle carceri o, peggio ancora, carne da macello. E mentre si apre la stagione dei provveditori ispettori, con laute missioni e viaggi ben retribuiti, i dirigenti generali vanno a Bolzano a vedere perché i detenuti sono evasi — senza passare per il Provveditorato del Triveneto, dove il materiale da ispezionare abbonda — o si spingono in Abruzzo per un ritorno alle origini, a verificare se lì, e non altrove, i detenuti AS sono chiusi. La Polizia Penitenziaria non ha bisogno di favole, né di ispezioni di facciata. Ha bisogno di verità, di tutela, di rispetto. E l’Osapp continuerà a dirlo, anche quando le istituzioni preferiscono voltarsi dall’altra parte. Perché prima o poi, ne siamo certi, anche se “obtorto collo”, ovvero per forza o per ragione, le cose dovranno cambiare e allora le illusioni come le fandonie verranno al pettine della verità. Un Abbraccio come mille abbracci._ Nota per le redazioni_ Si autorizza la libera riproduzione del presente comunicato citando la fonte “OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria”. Interviste con il Segretario Generale OSAPP Leo Beneduci, disponibili previa richiesta, scrivere a osappoggi@gmail.com .
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP

