
di Leo Beneduci_ Mi è stato detto chiaramente: basta essere “delmastrocentrici” negli interventi e nelle critiche! Perché chi parla alla pancia dei cittadini, e figuriamoci se la pancia è quella della Polizia Penitenziaria, troverà sempre un numero adeguato di sostenitori pronti ad applaudire qualsiasi cosa accada. Proprio come con chi vende miracolosi “scioglipancia” a rate, non importa se funzionano davvero, l’importante è che sembrino la soluzione immediata a problemi complessi. Ma noi assistiamo ormai ad un costante circuito di televendite: TeleCairo, TeleVerbania, TeleRoma e a breve anche TeleCatania, tutte emittenti pronte a trasmettere in diretta l’ultimo “lancio” di reparti speciali e unità d’élite. Il palinsesto è sempre lo stesso: grandi annunci, cerimonie sfarzose, promesse di rinnovamento, ma ben poca sostanza dietro le telecamere. La proliferazione di sigle e specialità (USPEV, GIO, GOM), sta creando una vera e propria Babele penitenziaria. Come le creme miracolose pubblicizzate a tarda notte, questi reparti speciali sembrano nascere come funghi, più per generare consenso immediato che per risolvere problemi strutturali. “Con soli tre pagamenti di facile approvazione, avrete il vostro reparto speciale!” – ma nessuno parla dei costi nascosti a lungo termine. Intanto, i veri colleghi di trincea, quelli che ogni giorno affrontano difficoltà e rischi immani nelle sezioni detentive, lontani dalle luci dei riflettori di queste “televendite itineranti” avrebbero diritto di essere in prima linea anche nei servizi di ordine pubblico, di respirare un’aria diversa, di avere opportunità di rotazione e crescita professionale (proprio perché la Polizia Penitenziaria è una e non 100, lungo le strade capitoline dell’Oltre-Tevere Vaticano per gli eventi legati al vecchio e al nuovo Pontefice avrebbero potuto essere impiegate anche unità provenienti da Regina Coeli o da Rebibbia) – non di essere semplici telespettatori di questo spettacolo penitenziario in tournée nazionale. D’altra parte, è necessario non dimenticare che nelle carceri, nei Provveditorati e al DAP non comanda la Polizia Penitenziaria, né mai nelle attuali condizioni, quale che sia il Governo del momento, comanderà veramente a meno che non si voglia suscitare un vespaio, anche in ambito internazionale Cedu compresa.
A che serve, infatti, “scatenare” la Polizia Penitenziaria, quando direttori e provveditori possono fare e fanno quello che vogliono per la sicurezza interna e con i detenuti (persino con quelli più violenti, trasferiti e ri-ritrasferiti nelle strutture meno adeguate), nonché per quanto riguarda le direzioni e i comandi dei Reparti, tant’è che persino al Dap, grazie all’attuale direzione generale del personale, su quello che Delmastro promette per il territorio, poi, risulta accadere l’esatto contrario? Spingere le donne e gli uomini esclusivamente verso funzioni di Polizia che, peraltro, nessuno dovrebbe poter negare, nonché per il mantenimento dell’ordine pubblico interno (con scudi e caschi ma non con gli sfollagente) consente solo ad un “sistema” sostanzialmente degenerato, di poter additare quale costante capro espiatorio delle criticità e delle brutalità del carcere le donne e gli uomini del Corpo, da sempre secondo costoro violenti ed ignoranti per propria intrinseca natura (sic!). Occorre così tanto per capire che la Polizia Penitenziaria agisce in un contesto diverso e per finalità più ampie da quelli delle altre Forze di Polizia, di cui non può essere solo la brutta copia ma, semmai, l’ulteriore e più specializzato completamento istituzionale, qualora se ne sviluppino in pieno le potenzialità che la legge già prevede? Non è difficile immaginare che quando il “televenditore” Delmastro non sarà più in onda, in quanto nulla dura in eterno, le direttive e le scelte che ispira saranno pagate a caro prezzo, non da lui ma dal Corpo, perché chi adesso fa finta di accettare e subisce in silenzio non condividendone alcunché avrà modo di vendicarsi e la Polizia Penitenziaria ricadrà indietro di anni, per tornare ad essere l’inserviente di altri poteri ed interessi. Non si costruisce il futuro della Polizia Penitenziaria con offerte speciali e soluzioni temporanee, ma con riforme strutturali che possano resistere ben oltre la durata di una stagione televisiva e, bene che dovesse andare, solo di un paio di Legislature!
Infiniti e fraterni saluti a tutti
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP