di Leo Beneduci_ Se la politica vuole, le facciamo un bel disegnino. Basta con questa farsa: i primi dirigenti del Corpo hanno sprecato clamorosamente l’occasione che il governo Meloni ha loro offerto e si sono semplicemente intascati la promozione. Ora serve un rimedio efficace. Abbiamo già denunciato come oramai in pochi vogliano fare il Direttore in carcere, rinunciando persino all’incentivo di mille euro al mese. Abbiamo seguito forfettisti che hanno mollato la presa nella prateria carceraria prima dei 240 giorni di missione, perdendo 110 euro al giorno. Oggi scopriamo che questo rifiuto contagia viralmente anche i primi dirigenti nominati Comandanti: ricorsi al TAR, assenze giustificate, fughe verso altri ruoli più comodi dell’amministrazione, richiesta d’impiego nei Nuclei Traduzione e Piantonamenti…. La verità è cruda e va detta senza giri di parole: i primi dirigenti hanno disertato il comando, punto. Il governo, attraverso il referente di Via Arenula, ha investito sull’insediamento dei primi dirigenti nella “cabina di regia del DAP”, puntando sulla professionalità del Corpo. Risultato? Si sono piazzati negli uffici dipartimentali e nei provveditorati come statue di sale. Inamovibili, impermeabili, autoreferenziali. La “vecchia zimarra” di pucciniana memoria è diventata il loro mantello: si aggrappano a privilegi e consuetudini, assimilando la logica burocratica dei direttori amministrativi di Largo Daga. Ecco il disegnino che la politica deve vedere: mentre loro se ne stanno al calduccio nei palazzi del potere, il loro posto in trincea lo prendono dirigenti, dirigenti aggiunti e addirittura commissari capo (presto e con la scusa che saranno i prossimi vice comandanti, diventando invece e di fatto i titolari). Una discesa verso il basso che è la fotografia spietata di questo sistema. Due le peggiori ipotesi: o sono tutti accomunati da bramosia di carriera con poca voglia di lavorare, oppure – ancora peggio – non hanno reali capacità di comando e sono vulnerabili. La prova? Alcuni sono finiti davanti alle commissioni medico-ospedaliere, giudicati non idonei ai servizi d’istituto e trasferiti in altri ruoli. Il maggiore tributo di sofferenza tra comandanti e direttori è proprio dei primi dirigenti. Quelli che dovrebbero dare l’esempio sono i primi a cercare la fuga. Il dramma è che queste carriere sono state costruite a tavolino sotto l’egida della precedente gestione del Direttore Generale del Personale, oggi Vice Capo DAP. Incarichi per chiamata diretta, senza selezione, senza merito. Chi ha comandato davvero è rimasto indietro, chi ha avuto attenzioni dirette è volato in alto. La funzione di Comandante non è appetibile perché non solo non è premiata ma è anche ‘pericolosa’. Si preferisce la poltrona ministeriale dove il prestigio è scollegato dall’esperienza. I primi dirigenti affollano PRAP e DAP come in un country club esclusivo, mentre il territorio affonda. Il rimedio efficace esiste ed è semplice: raddoppiare i posti da primo dirigente destinati solo ed esclusivamente alla funzione di Comandante. Creare una sana competizione, rendere la funzione appetibile con incentivi reali. Chi ha comandato in modo continuativo ed effettivo nel triennio deve avere priorità assoluta negli incarichi successivi, portando l’esperienza del campo, non quella dei corridoi. Basta con il carrozzone dirigenziale che ha trasformato la diligenza professionale – valore costituzionale dell’articolo 54 – in una barzelletta. La dignità del Corpo si costruisce nei reparti, non nei salotti del DAP. I primi dirigenti hanno avuto la loro occasione e non l’hanno saputa utilizzare, se ne sono stati zitti, si sono intascati la promozione e hanno voltato le spalle al territorio. La politica intervenga con determinazione: servono fatti, non altre promesse. Il sistema ha bisogno di una scossa, non di altri proclami. Se c’è una cosa che la Polizia Penitenziaria non si potrà mai permettere è quella di ‘perdere’ le carceri come purtroppo e invece sta avvenendo. Le scrivanie servono alla Polizia Penitenziaria per lavorare meglio, con maggiori strumenti, ruolo e dignità, sostenere il contrario, ovvero che il Corpo serve le scrivanie significa disconoscerne, oltre alla storia e ai sacrifici di decenni e anche di sangue, le funzioni istituzionali essenziali in difesa della legalità e nell’interesse della Collettività. Il disegnino è chiaro: o si cambia registro o il Corpo affonda definitivamente. La scelta è politica, la responsabilità è di tutti. Un abbraccio come mille abbracci. _ Nota per le redazioni_ Si autorizza la libera riproduzione del presente comunicato citando la fonte “OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria”. Interviste con il Segretario Generale OSAPP Leo Beneduci, disponibili previa richiesta via mail o contatto telefonico.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP

