di Leo Beneduci_ «Io sono parte di quella forza che vuole eternamente il male e opera eternamente il bene». La citazione di Goethe, che campeggia nel Faust, sembra scritta per descrivere le azioni della Politica per quanto riguarda carceri e Polizia Penitenziaria. Convinti di agire per il risanamento del sistema, magari anche e in ciò malconsigliati, finiscono per perpetuarne le storture, colpendo alcuni e tollerando altri, in un gioco di specchi dove il male si traveste da riforma e il bene si nasconde dietro l’inerzia. Il killeraggio amministrativo è ormai prassi. Si colpiscono dirigenti non allineati, si isolano figure scomode, si delegittimano competenze. Eppure, gli stessi che oggi si ergono a censori del precedente malgoverno penitenziario ne hanno accolto a braccia aperte le principali figure attribuendogli potere di vita e di morte sul personale. Nessuna rottura, nessuna epurazione. I dirigenti generali, che da oltre trent’anni pensano solo alla propria carriera, restano al loro posto. Hanno scalato le vette senza concorso, spesso senza merito, e oggi – ironia della sorte – non ricoprono incarichi effettivi, ma continuano a influenzare le scelte strategiche. La crisi del sistema penitenziario non è un accidente, è una conseguenza. E le responsabilità sono chiare. Ci sono regioni dove la gestione di comandanti e direttori è scellerata. A Siena, il direttore copre anche la sede di Arezzo, mentre il neo-comandante in tirocinio – guidato da un dirigente del Corpo di stanza a Terni – deve ispezionare i registri della conta insieme al collega di Pistoia, affidato alla guida di un dirigente aggiunto di Massa (una gran confusione per me che a scuola in Geografia non riuscivo a superare il 6-!). Una geografia del caos, dove la logica è sacrificata sull’altare dell’improvvisazione. E allora è lecito chiedere a chi tanto critica l’eredità scomoda della sinistra in materia, se è davvero pronto a cambiarla dalle radici? O è, come Faust, parte di quella forza che – pur volendo il male – finisce per operare il bene, senza accorgersi che il vero male, legato alla parzialità e alla vacuità delle iniziative e di cui forse nulla resterà con il prossimo Governo (se non la colpa da attribuire al Corpo per eccessiva fedeltà ad alcuni) è il tempo che trascorre vanamente. Intanto poso il libro di Goethe nello scaffale e il mio sguardo inciampa su “Morte a Venezia” di Thomas Mann. Un titolo che sembra suggerire il destino del sistema penitenziario: una morte lenta, elegante, ma inesorabile, anche perché la malattia era già interna all’anima più che nel Corpo che ne viene poi distrutto. E i provveditori, come Aschenbach, sembrano più interessati alla forma che alla sostanza. In Triveneto, la dirigente generale ha mandato a Venezia il direttore di Rovigo, affidando la gestione regionale alle politiche dell’ufficio detenuti. In Toscana, il dirigente dell’area contabile sostituisce di fatto il provveditore, mentre il vicario è impegnato in commissioni e attività “evolutive”. Nel Lazio le carceri crollano tempestando di detenuti “sfollati” sedi e personale che non se l’aspettavano. mentre in Lombardia, in carcere si muore (troppo) di overdose. Inutile anticipare che ci aspettiamo interessanti (e vecchie) novità anche dalla Puglia e dalla Campania, mentre del Piemonte è oramai inutile parlare. La verità è che il sistema penitenziario e soprattutto la Polizia Penitenziaria non hanno bisogno di Faust, ma di Prometeo. Non servono alchimie, servono scelte. E chi oggi governa, se non vuole essere complice, deve smettere di tollerare il male che si crede bene. Un abbraccio come mille abbracci._ Nota per le redazioni_ Si autorizza la libera riproduzione del presente comunicato citando la fonte “OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria”. Interviste con il Segretario Generale OSAPP Leo Beneduci, disponibili previa richiesta, scrivere a osappoggi@gmail.com .
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP

