di Leo Beneduci_ Tutte le strade portano a Roma, ma per il DAP non è così. Dopo il crollo del tetto a Regina Coeli, la redistribuzione dei detenuti è stata gestita nella solita babele provveditoriale, dove ogni dirigente regionale improvvisa, ignora i circuiti penitenziari, dimentica la capienza tollerabile e scarica responsabilità sulla Polizia Penitenziaria. Frosinone, Velletri, Civitavecchia, Campobasso, già sotto pressione, si ritrovano a gestire una concentrazione di soggetti ad alto rischio “tutti insieme appassionatamente”. Il risultato? Una miscela esplosiva che si propaga nei distretti dove l’efficienza è un miraggio: Toscana, Piemonte, Triveneto e ora anche la Puglia, new entry sul podio dell’inefficienza. Il problema non è il crollo. Il problema è ciò che accade dopo. Nessuna formazione per il personale di primo intervento, nessuna analisi preventiva, nessuna strategia. Solo spostamenti, caselle riempite a caso e sciagure istituzionali mascherate da soluzioni. C’è una differenza sostanziale tra catastrofe naturale e sciagura istituzionale. A Pozzuoli, dopo il terremoto, si è proceduto con un trasloco dell’istituto penitenziario, ma dopo il crollo di un tetto (non manutenuto) non serve spostare solo i detenuti, ma capire cosa occorre alle sedi di destinazione. Non si è risolto nulla. Si è solo moltiplicato il problema. E mentre si cerca di contenere il caos, dal profondo sud arriva l’ultima perla: il Dirigente Generale di Bari nega l’esistenza della capienza tollerabile, sostenendo che “non è più rilevante”. Una tesi che equivale a dire che il sovraffollamento non esiste perché manca il presupposto della misurazione (la capienza regolamentare). Se il crollo fosse avvenuto a Bari, sarebbe stata una sciagura annunciata in questa cornice esegetica. La capienza tollerabile — distinta da quella regolamentare — è infatti il parametro che determina il grado di saturazione, i carichi di lavoro, i rischi per la sicurezza e la pianificazione dei turni. Senza di essa, l’Amministrazione naviga a vista. E nelle carceri del travaso di Regina Coeli, dopo il crollo, le celle singole sono diventate doppie, le doppie triple. Oltre quel limite, c’è solo il rischio. L’OSAPP lo denuncia con forza: il caos non è più un’eccezione. È diventato sistema. Se i Provveditorati fossero stati ben organizzati, con circuiti attivi e capienze monitorate, oggi sarebbe tutto più semplice. Invece no. Si riempiono caselle, si svuotano celle, si ignorano norme. Caro Sottosegretario, è tempo di prendere per la giacchetta questi Dirigenti Generali. La sicurezza non si scrive con i trasferimenti. Si garantisce con competenza, pianificazione e responsabilità. Pretendere il massimo oltre ogni limite e possibilità sempre e solo alla Polizia Penitenziaria e nel contempo giustificare sempre e senza eccezioni i dirigenti generali da 10mila euro al mese significa condannare a morte le carceri, significa perdere di vista l’ordine e la sicurezza interni, significa ignorare gli interessi della Collettività. L’OSAPP lo sta sostenendo da tempo: la Polizia Penitenziaria è la base su cui il sistema, benché traballante, ancora si regge, ma le parole non bastano più servono fatti concreti e riforme sostanziali. E che non si dica più, come ancora qualche mestatore incompetente e strumentale prova a fare, che volersi veramente occupare della Polizia Penitenziaria, anche riorganizzandola come merita quale Corpo di Polizia dello Stato, significherebbe voler militarizzare le carceri. Fraterni Saluti a tutti._ Nota per le redazioni_ Si autorizza la libera riproduzione del presente comunicato citando la fonte “OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria”. Interviste con il Segretario Generale OSAPP Leo Beneduci, disponibili previa richiesta, scrivere a osappoggi@gmail.com .
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP

