di Leo Beneduci_ La revoca della reperibilità dei magistrati e dei dirigenti al DAP e la scelta del Capo del Dipartimento De Michele di assegnare ai Provveditori la responsabilità sugli eventi critici il sabato e la domenica dimostrano che il vertice di Largo Daga ha finalmente individuato uno degli ingranaggi che inceppano il sistema. È la seconda mossa di De Michele: netta, decisa e capace di leggere dinamiche che per troppo tempo sono state invisibili ai piani alti e forse taciute ai e dai vice. Quello della responsabilità diretta dei provveditori non è un atto formale da bollino; è la risposta di chi non si lascia incantare dal valzer dei nomi e dalle alchimie delle scrivanie regionali. Per anni i provveditorati hanno funzionato da stazioni di smistamento: qualcuno arriva il lunedì pomeriggio, rientra a casa sua con l’autista il giovedì sera o al massimo il venerdì mattina, e quando scoppia un problema parla in chat e poi la settimana successiva trova e il capro espiatorio, avvia un procedimento disciplinare e massacra chi ha fatto il suo dovere. Un copione da sceneggiata che ha prodotto la crisi che vediamo: fughe dal comando, pensionamenti anticipati, epidemie da stress, sedi scoperte, reggenze affidate a persone senza anzianità adeguata, movimenti che somigliano a un maquillage organizzativo piuttosto che a una strategia di merito e stabilità. A Sollicciano la direttrice, dopo l’ispezione dei cui esiti non si discute, è stata retrocessa e spedita ad Arezzo dove al momento vi è in missione il direttore di Siena; a Livorno la direzione non è stata riconfermata e sta per arrivare la direttrice di San Gimignano; Prato e Sollicciano sono oggi retti da neodirettori senza i requisiti minimi per istituti di primo livello superiore. De Michele ha centrato il bersaglio. Restituire la responsabilità ai Provveditori non significa scaricare su di loro la colpa ma imporre presenza, decisione e responsabilità reale: non basta firmare procedimenti disciplinari, bisogna esserci. I Provveditori devono essere reperibili e operativi quando serve, anche nei weekend e nelle ore critiche. Se un incarico non viene riconfermato, la risposta non può essere uno spostamento alla rinfusa: significa che c’è un problema da affrontare nelle istruttorie, nella valutazione delle competenze, nel supporto che il Provveditore deve garantire al direttore in carica. La verità è cruda: la crisi nasce dalla pigrizia gestionale decentrata e dalla logica dello scambio. Cambiare l’ordine dei direttori non modifica il prodotto. Spostare direttori tra San Gimignano, Livorno e Arezzo come tessere intercambiabili non produce stabilità né responsabilità e mortifica chi lavora bene e meriterebbe continuità. Sarebbe interessante conoscere il contributo dei Provveditori nelle istruttorie che hanno portato a non confermare incarichi. Ora serve la terza mossa — operativa e inappellabile — e la linea è chiara: dire ai Provveditori cosa devono fare, non solo cosa devono firmare. Occorre:
– smetterla di scrivere nelle chat e iniziare a intervenire sul campo;
– smetterla di tollerare le sciagurate assegnazioni dei detenuti da parte degli uffici provveditoriali;
– smetterla di ritenere “oro colato” i contributi dei direttori degli uffici provveditoriali;
– smetterla di affidare ai dirigenti del comparto funzioni centrali la reggenza dei provveditorati;
– assumersi le proprie responsabilità e smetterla di chiedere pareri al Dap sull’universo-mondo delle iniziative negli istituti, come peraltro la decorsa direzione generale del personale pretendeva che venisse fatto;
– iniziare a lavorare, organizzare i circuiti e garantire formazione del personale;
– garantire presenza operativa regolamentata nei distretti, con reperibilità reale anche nei weekend del dirigente generale e di collaboratori validi secondo rotazione.
De Michele, al momento e a differenza dei suoi predecessori, non sembra volersi far fregare dai giochi di ruolo dei “provvescambiatori”. Ha fatto la mossa giusta; ora tocca ai Provveditori rimboccarsi le maniche e non limitarsi a scambiare nomi sulle lavagnette. Chi ha provocato la crisi con logiche da scambio ferroviario è chiamato a risponderne; chi governa con senso del dovere dovrà essere sostenuto e riconosciuto. Chi continua con la politica del maquillage organizzativo verrà chiamato con nome e cognome, non fosse altro perché, benché pressoché ignorati al Dap, esistono anche gli incarichi di studio e nell’attuale marasma, proprio a partire dai vertici (e non dalla base, come si è soliti fare al Dap e come la politica dovrebbe finalmente comprendere), nessuno dovrebbe auto eleggersi ‘intoccabile’. Fraterni Saluti a tutti._ Nota per le redazioni_ Si autorizza la libera riproduzione del presente comunicato citando la fonte “OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria”. Interviste con il Segretario Generale OSAPP Leo Beneduci, disponibili previa richiesta, scrivere a osappoggi@gmail.com .
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
OSAPP – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP

