
di Leo Beneduci_ Come ogni anno, in corrispondenza della stagione estiva, gli esperti del DAP dalle scrivanie nelle stanze refrigerate (da primo dirigente in su) di Largo Daga in Roma promana il consueto copione che poi i Provveditori regionali diramano nei loro distretti. L’ordine è tassativo: prevenire il disagio determinato dall’ondata di caldo, con particolare attenzione alla prevenzione del rischio suicidario e autolesivo dei detenuti. Badate bene: il caldo, non le cimici, i ratti, le blatte, le zanzare, i pazzi, i tossicomani che aggrediscono per un nonnulla, i coprofagi che lanciano feci e che, almeno per l’estate, occorre fare finta di non vedere, bensì il caldo, questo il problema principale degli esperti del DAP. Una premura impeccabile quella per i detenuti. Raccomandazioni su ventilatori alimentati a corrente, ghiaccio nei frigoriferi (dove nascondono i cellulari), distribuzione di acqua fresca per fare gavettoni nei passeggi e altro ancora. Tutto giusto ma in un contesto inadeguato e impreparato. Il paradosso è evidente: mentre si fa la guerra ai cellulari, si incrementa pure l’alimentazione elettrica nelle celle così da poterli ricaricare più comodamente. Una contraddizione che solo il DAP riesce a partorire.
Ma per quanto riguarda i poliziotti penitenziari non una parola. Nemmeno una riga dedicata a chi nel carcere rovente ci lavora, ci vive le sue otto, nove, dodici ore quotidiane, ci respira la stessa aria soffocante. Come se il caldo colpisse solo una categoria di persone e gli altri fossero immuni alle temperature infernali degli istituti. Tanto a rinfrescare i poliziotti ci penseranno i detenuti: con gli sputi che arrivano dritti in faccia, con le aggressioni che costringono ad applicare il ghiaccio sulle ferite che dovranno medicarsi da soli. Una climatizzazione alternativa, per così dire. E’ questa la sensibilità dell’Amministrazione penitenziaria: circolari dettagliate per prevenire ogni disagio dei detenuti, silenzio totale per chi quei detenuti li deve gestire sotto il sole cocente dei cortili, nell’afa delle sezioni, nel calore asfissiante delle celle. I poliziotti penitenziari evidentemente sono fatti di una materia speciale che non soffre il caldo, non suda e non ha bisogno di attenzioni. Così, mentre arrivano le raccomandazioni per ventilare le celle, nessuno si preoccupa dei box roventi dove gli agenti trascorrono ore e ore. Mentre si organizzano distribuzioni di acqua fresca e orari alleggeriti, chi lavora in divisa continua a sudare in silenzio, tormentato di giorno dai detenuti e di notte da zanzare, blatte, topi e gli altri ospiti, non invitati né graditi, delle carceri italiane.
È il solito copione dell’ipocrisia amministrativa penitenziaria: celle ventilate e box roventi, corrente elettrica a go go, per ricaricare i cellulari e niente per il benessere del personale in uniforme. Sensibilizzazione a senso unico, premura per chi sta dietro le sbarre. Per quelli in divisa, niente di niente anche per questa estate, che alla fine se, fortunatamente non ci fossero le rivolte frequenti a generare repentini movimenti d’aria, di oggetti e di corpi, nelle sezioni detentive di calura estiva si potrebbe anche morire.
Fraterni Saluti a tutti.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP