
di Leo Beneduci_ Ogni giorno migliaia di Poliziotti Penitenziari entrano nelle sezioni detentive sapendo che dovranno fronteggiare l’imprevedibile. Un detenuto in astinenza non è semplicemente “nervoso” – è una bomba pronta a esplodere. Lo si vede dagli occhi, dai tremori, dall’aggressività che monta improvvisa come un’onda e poi cresce sempre di più e chi è in prima linea dovrebbe gestirlo dopo tre mesi scarsi di corso da agente?
Senza formazione.
Senza strumenti.
Senza protocolli.
Mentre i cd. “esperti” del DAP ed un politico al momento di grido e che ha fatto delle grida il proprio principale argomento, affermano che i colleghi di trincea sono incompetenti e non riescono neanche a fermare “quattro ubriachi”, chi lavora a stretto contatto con la popolazione detenuta paga gli effetti dell’improvvisazione della politica, del Dap e dei Provveditorati regionali.
In carcere l’astinenza diventa un business per la criminalità e trasforma i tossicodipendenti da uomini in belve. I corridoi diventano campi di battaglia, le inchieste giudiziarie e disciplinari aumentano, ogni giorno i Poliziotti Penitenziari rischiano la pelle arraggiandosi in iniziative che nessuno ha insegnato loro.
Le altre Forze di Polizia hanno reparti specializzati antidroga ed accompagnano in carcere detenuti che, una volta varcato quel cancello, disperatamente cercano le spstanze e le trovano grazie alle organizzazioni criminali che ne gestiscono il traffico, con dosi che costano il triplo rispetto all’esterno.
La noncuranza, l’incompetenza e l’interesse solo per la propria ben retribuita poltrona hanno trasformato le carceri nelle più efficienti piazze di spaccio del Paese, con eccellenze incontrastate, addirittura, nelle carceri minorili. Il Sistema di Allerta europeo ha identificato mille nuove sostanze stupefacenti. Mille! Ma al DAP pretendono che i Poliziotti Penitenziari le riconoscano a occhio nudo, che possano prevederne gli effetti solo con il buon senso o d’istinto.
Nelle carceri, diventate laboratori chimici a cielo aperto, ogni cultura porta il suo “contributo” tossico: cannabinoidi sintetici dall’Est Europa, khat dal Nord Africa, oppio asiatico in mille varianti.
Un detenuto in astinenza può autolesionarsi, aggredire gli altri, scatenare rivolte. Ma quando accade, il DAP cerca le responsabilità in basso, mai in alto, fino a concepire corsi di formazione in cui il tema dell’emersione dei fenomeni sociali che poi riempiono le carceri, quali quello della tossicodipendenza, non ha alcun rilievo rispetto, ad esempio, all’obbligo di imparare a marciare bene per quell’unica volta nella vita lavorativa del giuramento.
Il DAP parla di controlli, ma non controlla la qualità dei suoi vertici. Parla di sicurezza, ma manda i poliziotti in sezione senza formazione specifica. Parla di gestione dei detenuti agitati, ma non ha mai strutturato un protocollo per l’astinenza.
È la differenza tra disposizione e organizzazione. Tra dire e fare. Tra scrivere sulla carta e vivere la realtà.
Servono reparti specializzati antidroga in ogni istituto. Servono corsi specifici e non destinati esclusivamente a 20/30 comandanti per riconoscere le nuove sostanze. Servono protocolli chiari per gestire i detenuti in astinenza. Servono strumenti adeguati, non parole vuote.
La disconnessione tra chi decide e chi esegue, tra centro e territorio, non è mai stata di così evidente devastazione. Da una parte il DAP con le sue teorie, dall’altra la realtà quotidiana delle carceri fatta di aggressioni, urla e paura.
L’astinenza e le sostanze consumate uccidono e i Poliziotti Penitenziari in prima linea sono disarmati di fronte alla furia incontrollata di entrambe.
Una Polizia con tante responsabilità, ma senza specificità. Una Polizia abbandonata a se stessa nella battaglia più dura.
È ora che al DAP scendano dalla torre d’avorio dell’indifferenza e del pressapochismo ben retribuito.
Fraterni Saluti a tutti.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP