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IL SERVIZIO DI MATRICOLA: L’INGRESSO NEGLI ISTITUTI PENITENZIARI. Caso 5: svolgimento e soluzione

Ci avviciniamo alla conclusione del ciclo di argomenti ricondotti nella macroarea della matricola, partendo – paradossalmente – dalla vicenda da cui trae origine la “presa in carico” del soggetto privato della libertà personale: l’ingresso in istituto.

Tale locuzione – nel linguaggio codicistico – fa espresso riferimento alle persone destinatarie di un provvedimento giurisdizionale – salvo il caso di costituzione in carcere in assenza di titolo, ma di dichiarata responsabilità di commissione di un delitto, che occorre accertare.

Dunque il concetto di ingresso in istituto va innanzitutto distinto da quello delle visite in istituto (che riguardano ingressi che si fondano su titoli e finalità diverse – ergo i meri accessi per loro natura temporalmente circoscritti).

Per quanto ognuna di queste ipotesi (arresto, visita, operazioni di scarico) presupponga un titolo di legittimazione, quello che riguarda la limitazione della libertà personale è codificato dall’art.94 disp. att. cpp.

In questa sede si vuole segnalare – solo per esercitazione – che la norma contempla al primo comma la presenza di un “biglietto di carcerazione” ergo l’ordine dell’autorità giudiziaria, ma non anche – come detto – l’ipotesi di chi si presenta alla Polizia giudiziaria dichiarando – in assenza di un titolo – di aver commesso un omicidio.

Anche in questo caso, l’ingresso è ammesso e la Polizia giudiziaria nel caso di specie lo associa dopo aver chiesto ed ottenuto dal magistrato del pubblico ministero l’ordine genericamente richiamato dall’art.94 disp. att. cpp..

Una questione ampiamente discussa riguarda il rilascio di copia del verbale d’arresto da parte della Polizia giudiziaria “esterna” operante.

Invero, l’art.94 disp. att. cpp. pur non contemplando espressamente tale incombenza, fornisce spunti positivi rispetto a tale adempimento, posto che gli elementi della vicenda concernente l’arresto assumono particolare rilievo.

In primo luogo le modalità sono utili ai fini del vaglio di veridicità sulle dichiarazioni che l’arrestato “nuovo giunto” rende in sede di visita medica, ovvero in una fase successiva.

Poniamo il caso di un soggetto che oppone resistenza ed ha una colluttazione con la pg procedente o un infortunio.

Le ferite che si procura (ad es. scappa, inciampa e cade) potrebbero essere poi strumentalizzate, dichiarando che è stata la pg a provocargliele intenzionalmente  o, addirittura,  la Polizia penitenziaria.

In questo caso la presenza del verbale d’arresto consente un vaglio immediato di veridicità (evitando l’apertura “diretta” di un procedimento a carico della pg, tenendo presente la tutt’altro che remota ipotesi di calunnia in sede di comunicazione del fatto – le asserite percosse – all’autorità giudiziaria).

Ma vi è di più.

Il codice di procedura penale prevede che atti di particolare rilievo (ad es. ordinanza di custodia cautelare) vengano consegnati alla Direzione del penitenziario attestando la irrilevanza del segreto istruttorio (nell’ordinanza ci sono elementi “non divulgabili”) ma soprattutto la interazione istituzionale del carcere nella fase cautelare (ad es. alcuni elementi dell’ordinanza potrebbero essere rilevanti non solo per calibrare – ad es –  le misure di gestione della custodia nella prospettiva della prevenzione del rischio d’inquinamento probatorio o pericolo di fuga) ma anche e soprattutto per colorare l’attività istituzionale della polizia penitenziaria di cui all’art.5 c.2 della legge 395/1990.

Infine è opportuno sottolineare che l’art.94 disp. att. cpp. menziona il pubblico ufficiale (id est il Direttore) e non già la Polizia giudiziaria in quanto tale.

By Magile

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Redazione OSAPPoggi

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