Il maresciallo rhodense Anacleto Scarlino racconta i momenti concitati di quel 28 aprile 1980.
Vallanzasca e altre sei persone dopo essere evase sono scappate nel cantiere della metropolitana e poi per le vie di Milano.
Il 28 aprile 1980 Renato Vallanzasca, cui nei giorni scorsi è stata negata la richiesta di semilibertà, mette a segno una delle tante evasioni di cui è costellata la sua carriera. Insieme a altre sei persone toglie la pistola d’ordinanza a una guardia della casa circondariale milanese, spara a un poliziotto che era di pattuglia all’interno dell’istituto di pena e scappa per le vie di Milano. «L’allarme è stato dato via radio a tutte le volanti che in quel momento operavano su Milano – racconta Anacleto Scarlino “il maresciallo”, come lo chiamano ancora oggi gli ex colleghi – Noi del Commissariato Fiera di via Spinola (zona Corso Vercelli ndr) siamo stati tra i primi ad arrivare nella zona del carcere. C’era molta tensione, le volanti arrivavano da tutta la città. Insieme ai colleghi mi sono subito portato nel tunnel della metropolitana, la stazione di Sant’Ambrogio, dove si trova il carcere, non era ancora finita. Era li che i sette evasi si erano nascosti».
Il gruppo di evasori era composto, oltre che dal «bel Renè» della Comasina anche da Corrado Alunni (esponente di Prima Linea), Emanuele Attimonelli leader dei Nap, dal boss della Comasina e dal suo vice Antonio Colia . «Si nascondevano dietro i pilastri della metropolitana, passavano da una zona all’altra della banchina sparando colpi contro di noi» Poi sono riusciti a scappare da una botola di aspirazione, abbiamo dato subito l’allarme ai colleghi che si trovavano in superficie e anche noi siamo saliti. E’ iniziata anche all’esterno una sparatoria, per le vie di Milano ma alla fine siamo riusciti a riprendere Renato Vallanzasca e i suoi colleghi di cella con i quali era evaso durante l’ora d’aria che viene concessa ai detenuti».
Una operazione che il «maresciallo» rhodense Anacleto Scarlino ricorda ancora oggi come una delle più importanti operazioni effettuate nel corso della sua lunga carriera. «L’organizzazione è stata perfetta, le volanti sono arrivate da tutta la città, in pochi minuti la zona attorno al carcere di San Vittore è stata circondata. C’erano poliziotti ovunque, in via San Vittore, in via San Michele del Carso, in corso Vercelli. Una organizzazione tale che nel giro di 2-3 ore ha permesso di riportare in cella i sette che erano evasi».
Tredici anni passati al Commissariato Fiera, poi il reparto Motociclisti della Polizia dove ha anche ricoperto il ruolo di responsabile.
Una vita con tanti episodi da raccontare quella di Anacleto Scarlino. «Ho arrestato tante persone, sventato rapine. Pensi che oltre al soprannome di maresciallo i colleghi mi avevano soprannominato “Culorotto” perchè ero sempre al posto giusto al momento giusto e questo mi ha risposto di portare a termine davvero delle operazioni importanti».
Una vita in Polizia e una grande passione per le moto a tal punto che durante il suo servizio girava anche per i vari commissariati ad aggiustare le moto di servizio. «C’è stato un periodo che c’erano delle moto nuove che avevano un difetto. Nessuno era in grado di risolverlo – racconta Scarlino (nella foto) – Mi sono messo a studiare quella moto e alla fine sono riuscito a trovare la soluzione. Ho scritto anche alla casa produttrice che si è complimentata con me per quello che ero riuscito a fare». Dopo tanti anni in Polizia, la meritata pensione con i figli e l’adorato nipote di un anno al quale un giorno racconterà tutte le operazioni fatte con quella divisa che rimarrà sempre nel suo cuore così come quella operazione del 28 aprile del 1980 quando insieme ai colleghi riuscì a riportare in cella Renato Vallanzasca, il boss del quartiere milanese della Comasina temuto da tutti.
Fonte: primamilanoovest.it
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