
Quando è iniziata l’attuale consorteria al Dap e soprattutto chi ne fa parte?
Difficile parlare dei tempi e anche i soggetti interessati sono in continua evoluzione.
Sicuramente le “trattative”, anche con certi sindacati, erano iniziate da tempo e ben prima dell’avvento della destra al Governo e a via Arenula e, semmai, il potere assoluto assunto da Andrea Delmastro Delle Vedove sul personale delle carceri ed esercitato non solo in termini politici ma anche e soprattutto dal punto di vista amministrativo-gestionale (dimissione improvvisa ed inaspettata di Giovanni Russo docet) ne rappresenta solo il coronamento.
La prima responsabilità dello sfacelo penitenziario è, quindi, di quella sinistra al Governo che, sostanzialmente e sempre con la “puzza sotto il naso”, per decenni ha sottovalutato il problema delle carceri italiane, ignorando la necessità di una riforma concreta del sistema (che coniugasse la teoria della norma con le realtà degli istituti penitenziari). Quella sinistra che ha snobbato e che tuttora snobba le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria e ne svaluta ancora le potenzialità e la professionalità, semmai affidandosi alle superficiali valutazioni di qualche magistrato di provincia.
Facile per la moderna destra, trovati gli uomini giusti e con poche parole d’ordine (sicurezza, polizia, delinquenti, punizione, cuori di mamma e papà etc. etc.), accodate al seguito precise organizzazioni sindacali, di svogliata propensione alla rivendicazione quanto rivolte alla massiccia raccolta clientelare di consensi, infiammare animi e volontà nei delusi agenti del Corpo.
Accade così che si costituisca ed imperi al Dap un preciso “gruppo di potere” in grado di dettare uomini ed istruzioni per l’uso, poco importa se imprecise le prime ed inadatti i secondi.
Però poi i conti in carcere non tornano mai!
Infatti, altrettanto poco importa che l’entusiasmo degli “infiammati” agenti, una volta a contatto con la realtà degli istituti di pena dove le criminalità la fanno più che mai da padroni, dove droga e telefonini sono d’uso quotidiano, si spenga miseramente, magari perché lasciati completamente soli con 100 detenuti da sorvegliare (da mandare alle docce, alla socialità, al campo sportivo, ai colloqui, in infermeria etc etc.) il pugno di un 14 bis ti infrange il setto nasale.
In tanti lasciano l’uniforme, presto gli annunci roboanti riguarderanno un concorso da 5.000 agenti, ma solo perché nei precedenti almeno un 30% risulta mancante. Ma che importa? Nel “gruppo di potere” la carriera, le forfettarie, persino i ricongiungimenti familiari extra regola per i fedelissimi, sono la mercede concessa senza tregua.
Per tutti gli altri, pur sempre stragrande maggioranza sofferente ed offesa, inasprimenti disciplinari, minacce e controlli a distanza.
La domanda vera in conclusione è quindi e solo “fino a quando?”.
Fino a quando riusciranno a negare i fatti, ad ignorare eventi e appelli, persino di Papa Francesco e del Presidente Mattarella ed a garantirsi un futuro sulle spalle e sulle “pene” della più debole ed indifesa manodopera penitenziaria a basso costo?
Non possiamo negare che la risposta è solo quella che “nulla dura per sempre” e che il nostro compito come OSAPP è resistere e continuare a raccontare la verità dei fatti.
Un fraterno saluto a tutti.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP