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Fuori i malati mentali dal carcere

Un ragazzo, un giovanissimo detenuto, è stato portato in un reparto di osservazione psichiatrica della Casa circondariale di Torino, dove vengono trasferiti i detenuti con patologie mentali: era un passo avanti rispetto al carcere. Ma nell’agosto scorso ha tentato il suicidio ed è stato trasferito in una cella liscia, assolutamente vuota per impedirgli atti di autolesionismo. Un intervento per cercare di salvargli la vita. Ma poi si è trovato nudo, steso in uno spazio necessariamente vuoto, senza neanche un materasso, senza acqua corrente, costretto a bere l’acqua del water, come hanno riferito i familiari agli attivisti dell’associazione Antigone. Non è l’unico caso.

La situazione delle persone condannate e con problemi psichiatrici in Italia è drammatica, nonostante l’impegno e il lavoro di psichiatri e psicoterapeuti che con grande impegno responsabilità lavorano in carcere quotidianamente, come abbiamo raccontato più volte su Left. La struttura carceraria e il codice Rocco di epoca fascista, che ancora la presiede, rendono difficile se non impossibile un coerente ed efficace percorso di cura. A questo già problematico quadro con la pandemia, come è noto, si sono aggiunti ulteriori problemi.

«Gli ospedali, come le carceri, durante la pandemia sono diventati necessariamente luoghi blindati», racconta Maria Antonietta Farina Coscioni promotrice insieme a Irene Testa e al Partito radicale dell’appello “Fuori i malati mentali dal carcere” rivolto alla ministra della giustizia Marta Cartabia e al ministro della Salute Roberto Speranza. L’appello, che era nato intorno al caso di Fabrizio Corona, è stato sottoscritto da moltissime personalità del mondo della scienza, della cultura, ma anche da molti rappresentanti politici di differente orientamento. «Un primo risultato è stato raggiunto: Fabrizio Corona è tornato ai domiciliari che gli spettavano, ma tantissimi altri detenuti senza nome restano ancora in attesa di una risposta», dice la radicale Irene Testa, fondatrice dell’Associazione il Detenuto ignoto. «Hanno diritto ad andare nelle Rems, ma i posti non sono sufficienti. Tanti sono in lista d’attesa e, intanto, restano in carcere, in luoghi inadatti alla cura». Di tutto questo il segretario del Partito radicale Maurizio Turco e la tesoriera Irene Testa hanno parlato la scorsa settimana con la ministra Cartabia che ha dimostrato forte attenzione al problema.

 

 

Fonte: left.it

Redazione OSAPPoggi

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