
di Leo Beneduci_ Durante la cerimonia di giuramento dei neo-Commissari di Polizia Penitenziaria, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove ha offerto l’ennesima performance teatrale, incespicando come un motore singhiozzante sui numeri delle assunzioni e ripetendoli ossessivamente come un disco rotto. Nel merito, facciamoci una domanda e diamoci una risposta: perché per gli arruolamenti in Polizia Penitenziaria negli ultimi tempi avvengono mediante concorsi con numeri progressivamente più alti? Forse perché i non assunti, coloro che se ne vanno prima della fine dei corsi o che lasciano il Corpo dopo pochi mesi dall’assunzione sono sempre più numerosi e il concorso successivo riprende le carenze del precedente? Negare il triste fenomeno, affermare addirittura l’esatto contrario è puro populismo. Non sarete “soli” negli istituti dove sarete assegnati, ha assicurato l’illustre politico all’indirizzo dei Commissari che giuravano, ma è davvero così? Promettere quello che la gente vuol sentirsi dire, affermare quello che tutti sanno e a cui aspirerebbero senza ragionarci più di tanto, rappresenta il completo trionfo della demagogia: voti assicurati nelle prospettive di chi la professa e sacrifici, lacrime e sangue per chi gli va dietro. Sfido chiunque a trovare un poliziotto penitenziario che non pensi di essere o non voglia essere un poliziotto, come gli appartenenti alla Polizia di Stato, o ai Carabinieri. Ma per la Polizia Penitenziaria funziona così? Nelle carceri comanda la Polizia (Penitenziaria) o sono altri a gestire il potere concreto di disporre della vita, del tempo e del futuro degli appartenenti al Corpo e…dei detenuti? Chi ha consentito a De Maria da Milano-Bollate di lavorare all’esterno del carcere? Perché il nostro, per la centesima volta in pubblico, racconta di caschi, scudi e guanti antisommossa e, strategicamente, nasconde i dettagli scomodi (la mancanza dello sfollagente, strumento standard delle altre Forze di Polizia)? Parla sempre dei precedenti governi, puntando il dito contro i suoi predecessori (tra cui il leghista Jacopo Morrone), mentre il suo discorso ruota esclusivamente attorno alla “forza”; addirittura cita un vecchio slogan di uno specifico sindacato: volevano farvi fare gli educatori e mettervi un camice bianco invece che l’uniforme.
Ma se si invitano i poliziotti penitenziari ad essere più “duri” ed inflessibili, perché poi le scelte anche dell’attuale Governo, come dei precedenti, non sono concrete soprattutto nei confronti dei soggetti più pericolosi nelle carceri, perché non ci sono né circuiti né differenziazione, perché la droga è così presente e non si fa niente per prevenirla? Ed infatti, mentre si sfoggiano retoriche muscolari (si badi bene, solo per i poliziotti penitenziari, probabilmente più facilmente sacrificabili in Tribunale o presso i Consigli di Disciplina) si dimenticano completamente i gravi ritardi nella concretizzazione di ambiti fondamentali come la specializzazione antidroga o l’antipirateria informatica, tematiche cruciali nella società attuale e nel contesto penitenziario moderno. L’inconsistenza del discorso rispecchia quella dell’amministrazione che rappresenta: parla di commissari che “atterrano” negli istituti come paracadutisti, ma li condanna ad “accamparsi” e arrangiarsi perché gli alloggi non sono disponibili, deteriorati dall’incuria della stessa amministrazione. E’ poi, assai probabile che, grazie all’incuria della tuttora direzione generale del personale del Dap, negli istituti di arrivo, i neo-Commissari debbano assumere da subito le dirette responsabilità del comando, alla faccia di una norma che ne stabilisce ulteriori 8 mesi di “tirocinio operativo”. Altro che padri intimamente orgoglioso e madri dal cuore palpitante, se poi si invia il personale verso un “macello” già scritto!
E mentre loro si arrangeranno in trincea, Delmastro è già pronto a partire per la prossima tappa del suo show, in un altro istituto o scuola.
E i tanto celebrati GIO e GIR che arrivano sempre dopo i disordini? Se ha istituito questi gruppi, evidentemente comprende cosa sta accadendo all’interno delle sezioni detentive, ma non fornisce un’effettiva e immediata risposta ai disordini. Quanti interventi reali hanno realizzato? Delmastro preferisce non citare i dati, concentrandosi invece su slogan vuoti. Dietro i numeri ripetuti meccanicamente si nasconde la verità : uno spettacolo di facciata senza soluzioni concrete. I commissari “atterrano”, si accampano e soffrono insieme ai poliziotti in trincea, mentre Delmastro vola via lasciandoli abbandonati da un’amministrazione tanto inconsistente quanto il suo discorso.
Era questo che la Polizia Penitenziaria meritava? Non è, peraltro e lo rammentiamo, questione di posizioni politiche che poco ci interessano, bensì di capacità e, soprattutto, di sensibilità da parte di chi avrebbe il potere di fare, di risolvere e di migliorare e che invece (malconsigliati?) si abbandona ad altro
Fraterni Saluti a tutti.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP