
di Leo Beneduci_ Una strana “sincronia” per ciò che riguarda le “rivolte” di Terni e Spoleto, affermata persino dal Dap che di solito nega o ignora, a dimostrazione che qualche vincolo al silenzio, smerciato quale obbligo alla riservatezza nell’Amministrazione penitenziaria centrale verso i sottoposti, sarebbe saltato, invero, più che quale segnale di cambiamento, in ragione dell’ineludibilità degli eventi (le bombe una volta esplose non possono più rientrare nei loro involucri). Peraltro. il Garante dei detenuti dell’Umbria ha affermato che tali rivolte sono da ricondursi agli effetti della calura estiva e del sovraffollamento. Aggiungiamo Noi, in questo particolare momento, che occorra anche non sottovalutare la gravissima carenza di personale che opera a diretto contatto con la popolazione detenuta (malgrado il fatto che qualche politico affermi esattamente il contrario) la rottura della catena di coordinamento (più che di comando) tra direttori e comandanti gli uni e gli alti sempre più volatili nelle sedi e negli incarichi, nonché il palese scollamento tra ciò che si dispone e si conosce presso il Dap o presso i Provveditorati Regionali rispetto a ciò che effettivamente occorre negli istituti penitenziari. Riguardo a tale ultima ipotesi qualche “malelingua” sostiene che in occasione della prossima apertura del Provveditorato Regionale di Perugia il Provveditorato Regionale di Firenze starebbe scaricando sull’Umbria i detenuti peggiori e chissà se non possa essere anche questa la causa delle concordi rivolte di Spoleto e Terni. Sia quel che sia e significativi dispetti tra i superburocrati iper-retribuiti del Dap e dintorni a parte, non va sottovalutato come nel fallimento dell’attuale gestione delle carceri e dei servizi penitenziari, di cui sono gli appartenenti dei ruoli non dirigenziali del Corpo a fare per primi le spese (saranno poi i comuni cittadini a subirne gli effetti deleteri e continuativi) occorra anche ricomprendere i diffusi insuccessi nella chiusura e/o isolamento dei detenuti A.S.. Come da tempo accade, possono essere proprio i detenuti di maggiore “impatto” la definitiva chiave di lettura di quello che sta accadendo e che ancora accadrà nelle carceri italiane, nella comprovata capacità di tali soggetti di impartire ordini agli altri ristretti, soprattutto se in ballo ci sono possibili benefici da ottenere quali, ad esempio, riguardo alla revisione della liberazione anticipata. Sarebbe quindi indispensabile, oggi più che mai, che chi ha voce in capitolo (come i sindacati) si occupi, chieda contatti e apra fattivi dibattiti riguardo ad un reale e proficuo cambiamento di indirizzo della politica penitenziaria nazionale, rispetto alle gravi emergenze che si vanno appalesando e che andranno a colpire soprattutto il personale del Corpo. Invece accade, come 20 anni fa, che ancora si dedichi tempo e spazio e persino ci si balocchi sui possibili nomi dei prossimi megadirigenti galattici del Dap, ad esempio in sostituzione del promosso (promoveatur ut amoveatur?) Massimo Parisi e come se il fornire tali anticipazioni costituisca un indicativo segnale del potere e dell’influenza futura di chi vi si dedica. In conclusione, lo diciamo a scanso di equivoci, che D.G. del Personale lo diventi S. piuttosto che R. invece che B. non ce ne può fregare di meno (come si dice a Roma) perché quello che conterà sarà la capacità di costui o di costei di essere o meno il Capo del Personale con modalità identiche di tutti gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria (e dell’Amministrazione in generale) e non solo di alcuni come, purtroppo e negli ultimi anni avvenuto, perché in caso contrario almeno Noi dell’OSAPP ci saremo e come.
Un abbraccio come mille abbracci.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP