
di Leo Beneduci_ I veterani della Direzione Generale del Personale e, per la didattica quelli della Formazione, hanno davvero capito cosa significa lavorare nei reparti detentivi a “media sicurezza”? Questa definizione è l’emblema della miopia istituzionale. Se esiste la “media” sicurezza, cosa c’è prima? La “bassa” sicurezza? La realtà è che quando i detenuti c.d. “comuni ” per uscire dalle sezioni, sfuggire ai debiti (per telefonini e droga) o cambiare carcere aggrediscono sistematicamente il personale di Polizia Penitenziaria, non c’è niente di “medio” nel rischio che permane alto, anzi, altissimo! Ma coloro che dirigono il personale o gestiscono la formazione preferiscono giocare con le etichette burocratiche piuttosto che affrontare la realtà di sballo e follia che imperversa nelle carceri. Mentre i poliziotti di trincea subiscono aggressioni quotidiane, loro hanno tempo per compiacersi e a piano terra per aprire procedimenti disciplinari contro chi lavora sul campo. Gli eccelsi vertici del DAP non sono riusciti a gestire l’Alta Sicurezza, ma eccellono nel massacrare burocraticamente chi affronta ogni giorno una realtà che loro non hanno mai vissuto. La verità è semplice: sono degli “immeritevoli” e ci si scusi per l’eufemismo, laddove permangono intonsi al proprio posto, addirittura incensati da certa politica che, probabilmente e forse anche strumentalmente, ignora cosa veramente accade nelle carceri e chi costituisce la principale causa del disagio e del rischio costante per chi ci lavora. Il nuovo capo DAP, qualora desiderasse davvero cambiare le cose, (ma non ci sembra che ciò faccia parte del mandato conferitogli), dovrebbe alleggerire le carceri dalle verbose e pericolose modalità di governo del personale e dall’inconsistenza cronica di una formazione che non prepara alla realtà delle sezioni detentive in cui la Polizia Penitenziaria perde ogni giorno di più dignità e salute.
Ma loro gli onnipotenti gestori delle sorti delle donne e degli uomini in uniforme nei penitenziari, sanno dare l’unica risposta del disinteresse e della repressione non nei confronti dei detenuti che aggrediscono e offendono ma al personale che subisce botte e sputi, come se tutto costituisca il naturale corollario del mestiere e dello stipendio dei fedeli servitori dello Stato nelle carceri. Non accadrà, quindi, che qualcosa cambi, che chi ha fatto palesemente il proprio tempo se ne vada a più opportune incombenze territoriali, ma a noi piace comunque immaginarli, come nei film, mentre salutano con gli scatoloni in mano e lo sguardo pensieroso.
Un abbraccio come mille abbracci.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP