
di Leo Beneduci_ Ma i vertici del Dap sulle loro invidiate poltrone, quando con gli occhi hanno “accarezzato” la direttiva che era stata predisposto, se la sono posta una semplice domanda?
Una domanda del tipo: “Perché i poliziotti penitenziari dovrebbero aver bisogno di supporto psicologico?”
Sarebbe doveroso ed opportuno che qualcuno in Largo Daga a Roma, prima di proporre linee guida sul supporto psicologico per il personale, promuovesse una seria autodiagnosi dell’amministrazione di cui è parte rilevante. Un vero esame di coscienza che illumini le contraddizioni di un sistema in evidente conflitto con se stesso. Nella premessa del documento si riconosce la sovraesposizione del personale a “significative criticità, variabilità estrema e peculiari condizioni ambientali”, ma si omette una valutazione delle cause: tali condizioni sono create e perpetuate proprio da coloro che determinano l’organizzazione e le scelte dell’Amministrazione Penitenziaria.
Prendiamo la precarietà di comandanti e direttori, le missioni forfettarie, o la vicenda di Spoleto, vero specchietto per le allodole, dove si illude il personale di andare dove aspira, mentre in realtà lo si destina alla gestione impossibile di detenuti in Alta Sicurezza senza adeguato supporto. Quale stabilità hanno in termini di riferimento i colleghi di Prato o di Biella? E che dire delle inchieste a carico dei colleghi che osano denunciare le condizioni di lavoro in Piemonte o indignarsi per il totale disinteresse post aggressioni? E le vicende di Trapani, Santa Maria, San Gimignano, Sollicciano?
Le responsabilità penali e disciplinari che gravano sui poliziotti in prima linea, i rischi quotidiani a cui sono esposti, non nascono dal nulla: sono il risultato diretto di scelte amministrative inadeguate, mancanza di risorse effettive (dov’è la copertura finanziaria di questo progetto sul disagio?), sovraffollamento ingestibile e politiche di gestione dei detenuti esagitati che scaricano ogni onere su chi lavora a stretto contatto con loro. Come può l’Amministrazione presentarsi come soluzione quando è la causa principale del problema? È come se il piromane si offrisse di spegnere l’incendio che ha appiccato. Se chi comanda al Dap rivolgesse lo sguardo verso il proprio più ristretto ambito ed indagasse su come le Direzioni Generali e i Provveditorati regionali stanno realmente trattando il personale degli istituti penitenziari, scoprirebbe che nessun supporto psicologico potrà mai risultare efficace, qualora ve ne fosse bisogno, perché le contraddizioni gravi ed irreparabili sono dell’Amministrazione stessa nelle sue più importanti articolazioni. Il disagio non potrà essere eliminato fino a quando non si rimuoveranno le cause strutturali che lo determinano.
A proposito, come OSAPP avevamo proposto a chi attualmente comanda l’Amministrazione e anche al sottosegretario Delmastro un condono disciplinare per il personale del Corpo (che invece sta assistendo all’esatto contrario dell’inasprimento indiscriminato di tale strumento) a cui ci sembrava la f.f capa del Dap fosse interessata e che , invece, non ha avuto alcun seguito forse per non inibire le possibilità di “cura” alternativa di cui, nostro malgrado, abbiamo appreso le discutibili modalità. In ogni caso e nella consapevolezza che non c’è peggior sordo (parliamo sempre del Dap) di chi fa finta di non sentire le affannate grida di dolore che si stanno alzando dal personale, salutiamo caramente tutti coloro i quali hanno la pazienza di seguirci.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP