
Mi trovo costretto a intervenire su un documento che rappresenta perfettamente il distacco tra chi scrive dietro una scrivania e chi vive la realtà del carcere.
Partiamo da questa “autonomia accademica” citata nel testo della recentissima circolare sulla promozione istituzionale del Corpo.
Mi chiedo: se per un agente parliamo di autonomia accademica, cosa prevediamo per un dirigente? Un master ad Harvard? È questo tipo di confusione concettuale che rivela l’ansia di legittimazione culturale dell’Amministrazione, producendo documenti verbosi che sembrano più interessati all’apparenza che alla sostanza.
Ma c’è un aspetto ancora più preoccupante. Si parla di “diritti umani” da insegnare agli allievi agenti, ma non è forse vero che i “primi” o, comunque i “comprimari” a cui in carcere sono negati i diritti umani principalmente grazia alla costante disattenzioni/supponenza/incompetenza dell’Amministrazione, sono proprio i Poliziotti Penitenziari? Il nostro personale subisce quotidianamente aggressioni, turni massacranti e condizioni di lavoro oltre il limite dell’umana sopportazione, però i diritti umani, fa comodo affermare che solo quelli dei detenuti. Non trova qualcuno una contraddizione in questo? Come possiamo parlare di diritti quando non riusciamo a garantire quelli basilari dei nostri operatori?
L’impronta culturale che l’Amministrazione cerca di propagandare sa tanto di imposizione dall’alto, di una visione dirigistica e illiberale che non tiene conto della realtà sul campo. Dietro paroloni come “progettazione congiunta”, “ampliamento dell’offerta formativa” e “percorsi strategici” si nasconde un vuoto operativo preoccupante.
La verità è semplice: abbiamo bisogno di meno retorica e più sostanza. Meno circolari pompose e più protocolli operativi chiari. Meno “autonomia accademica” e più attenzione alle condizioni reali di lavoro del personale.
Questa ricerca ossessiva di legittimazione attraverso un linguaggio artificiosamente elevato non solo è inefficace: è sintomo di un’Amministrazione che ha perso il contatto con la realtà quotidiana del sistema penitenziario.
È ora di tornare con i piedi per terra. Il personale non ha bisogno di proclami altisonanti, ma di risposte concrete ai problemi quotidiani. E finché continueremo a nasconderci dietro questa cortina di fumo fatta di belle parole, la situazione non potrà che peggiorare, come temiamo avvenga da subito ovvero già nelle prime settimane del prossimo febbraio per scelte centrali che potrebbero persino risultare clamorose; ma tanto piove sempre più spesso sul bagnato!
Lo sappiamo, ce lo dicono in tanti, che come OSAPP continuiamo a predicare nel deserto e che ai Colleghi, per farli contenti e co…, basta promettergli di fare, prima poi, parte del Gio, Notp, Gom, Nic, Nir etc. etc. con tanto di stemmi, distintivi, lampeggianti e palette.
Noi, invece, sappiamo che non è così e che, anche grazie a Noi dell’OSAPP, esiste e si stanno rafforzando l’unità di intenti tra Colleghi, la volontà di migliorare e la consapevolezza di ciò che veramente conta per il Corpo.
Fraterni Saluti a tutti.-
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP