
di Leo Beneduci_ Nel paradossale scenario delle carceri italiane, il Direttore Generale del Personale dispiega comandanti e direttori in missione per garantire la chiusura fisica delle sezioni di Alta Sicurezza, come se bastasse girare una chiave per neutralizzare le comunicazioni criminali con l’esterno. Contemporaneamente, però, spalanca le porte all’invasione di dispositivi tecnologici che trasformano ogni cella in una potenziale centrale operativa digitale. Le sezioni AS, teoricamente blindate, vengono presidiate da un singolo poliziotto penitenziario armato solo di carta e penna, mentre i detenuti completano una metamorfosi straordinaria: da “galeotti” un tempo confinati nelle isole a internauti connessi, grazie a:
- Computer e supporti di memoria esterni;
- Console di gioco con connettività wireless (Playstation 3, Nintendo Switch);
- Dispositivi multimediali connessi (MP4 con Wi-Fi);
- Smart TV e smartwatch.
Mentre il commissario dell’edilizia inaugura “blocchi detentivi” con grande clamore istituzionale, silenziosamente ogni cella si trasforma in un hub tecnologico capace di vanificare qualsiasi barriera fisica. Il carcere diventa così una contraddizione architettonica: un involucro d’epoca che racchiude nuclei di avanzata tecnologia, impossibili da monitorare con gli strumenti primitivi a disposizione del personale. Chi è davvero recluso in questo scenario distopico? I detenuti digitalmente liberi o gli agenti analogicamente imprigionati, costretti persino a chiedere il cambio per poter telefonare a casa durante un’emergenza?
Questo è quanto l’improvvisazione e la lontananza dai problemi reali del carcere determina, dal centro al territorio, sono sempre e solo i detenuti più pericolosi ad essere agevolati.
Un abbraccio come mille abbracci.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP