
di Leo Beneduci_ C’è, tra le altre, una regola non scritta nel sindacato e che, più o meno, recita così: “mai attaccare ‘a morte’ chi fa il tuo stesso mestiere (o almeno ci prova), perché prima o poi e nel comune interesse, potresti essere costretto a lavorarci assieme..”.
Ciò, ovviamente, vale anche se chi fino a ieri “pecora” si immagina oggi cane da gregge, in quanto altri sono i ‘pastori’ e altri ancora restano e resteranno i ‘padroni’ del bestiame e del vapore. Nel pieno rispetto delle idee e dei pensieri altrui, quindi, leggiamo dell’editoriale in cui il non più giovane autore scrive (ahimè gli anni passano per tutti) di Dirpolpen ed invero non comprendiamo a che serva nascondersi dietro paroloni moralistici accusando altri di usare social e like, laddove lui stesso usa proprio i social per veicolare il suo messaggio. Noi, ad esempio, non siamo mai stati leoni da tastiera, a volte scriviamo i nostri insignificanti articoletti su OSAPPOGGI dai quali non riceviamo né like né cuoricini e non usiamo notizie riservate che nessuno ci fornisce, ma solo e se del caso storie di malcelata incompetenza e comprovato disagio che tutti conoscono. Forse in un’Amministrazione in cui si viene sospesi dal servizio solo per avere commentato una fotografia può essere considerato troppo, ma Noi esprimiamo solo il nostro pensiero e le nostre idee, su cui si può concordare o meno ma che, comunque, costituiscono l’esternazione di un nostro diritto, volerlo censurare da pulpiti quanto mai traballanti è davvero un eccesso. Voler impartire lezioncine quando non ci si presenta, né ci si palesa, accusando altri di essere “influencer di corridoio” e mentre si appare sui canali solo quando serve, così come parlare di “Facebook sindacale” mentre si diffondono editoriali per farsi notare e persino per difendere proprie posizioni personali non è sicuramente il massimo. Tra l’altro quale suprema incoerenza: l’autore potrebbe firmarsi per dare un volto alle parole, ma probabilmente come i vertici del DAP per cui si spende, si nasconde dietro le carte invocando riservatezza nell’era della trasparenza. Dirpolpen è un sindacato giovane dal DNA non ancora completo, forse qualche idea confusa che deve essere compensata dall’esperienza e soprattutto con l’esigenza di imparare a parlare su fatti concreti e nel comune interesse apparendo meno e servendo di più al Corpo a cui si appartiene. Ieri accanto alla porta del Capo del Dap dopo l’incontro con una delegazione dell’OSAPP ho notato un “quadro” con i nomi di tutti i Capi Dipartimento dal 1990 ad oggi forse 15 e forse di più considerati interim e f.f., li ho conosciuti tutti e ho parlato con tutti, a volte tanto e a volte poco, ma comunque, credetemi se dico che in 35 anni di storia, se nella Polizia Penitenziaria si è andati almeno un poco avanti (molto meno di quanto il Corpo avrebbe meritato) non è stato certamente per i silenzi e per l’avere lavato i “panni sporchi” solo in famiglia.
Fraterni saluti a tutti.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP